Per uscire dalla crisi bisogna intercettare i mercati emergenti, e quello degli integratori lo è e offre opportunità per disegnare una farmacia totalmente nuova. A dirlo è Carlo Ranaudo, docente di Analisi di mercato presso la facoltà di Farmacia dell’Università di Salerno, in una lettera inviata a Farmacista33.
«Per uscire dalla crisi bisogna intercettare i mercati emergenti e le nuove opportunità che offrono per disegnare una farmacia totalmente nuova. Se le aziende nel contesto congiunturale vanno alla conquista dei paesi emergenti, i cosiddetti Bric (Brasile Russia india Cina), anche le farmacie devono muoversi in questa direzione: i mercati emergenti ci sono, per esempio quelli degli integratori. E i segnali sono inequivocabili: secondo l’ultimo rapporto Federsalus il mercato degli integratori nel periodo dicembre 2012-novembre 2013 continua a crescere con un incremento del 3% a valore e 2,1 a quantità.
La crescita è generalizzata su tutti i canali, dalla farmacia alla parafarmacia alla Gdo ed è un mercato che sta ormai raggiungendo i due miliardi di euro e oltre 140 milioni di confezioni. Si tratta di un mercato con marginalità ben diverse da quelle del farmaco, con prodotti tutti a pagamento e con un valore medio della confezione che supera nelle farmacie e nelle parafarmacie i 15 euro ormai ben più alto di quello del farmaco Ssn. A tutti gli effetti lo si può considerare un mercato emergente, che offre nuove opportunità, anche per un diverso ruolo del farmacista. Un mercato che va intercettato soprattutto quando il farmaco dispensato dal Servizio sanitario nazionale, elemento portante della farmacia territoriale del secondo millennio, è destinato a essere sempre più relegato a un ruolo marginale. E lo dicono i dati: nel periodo gennaio-settembre del 2013 il calo continua inesorabile – 2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (fonte Federfarma). E se si pensa che solo nel 2012 il calo era stato superiore al 9% si comprende quanto la crisi sia profonda. Crisi purtroppo strutturale legata alla continua perdita di brevetti di prodotti importanti senza alcun recupero sui nuovi farmaci destinati per la quasi totalità al mercato ospedaliero. Il patto di stabilità con la revisione del Pht rappresenta solo un timido segnale di inversione di tendenza. Ma il valore medio della ricette perde oggi un ulteriore 5,7%. A tutto questo poi come se non bastasse si aggiungono sconti di legge e ticket che dimostrano come ancora sia presente in tanti amministratori nazionali e regionali l’idea di una farmacia bancomat utile per finanziare altre voci di bilancio. La svolta è inevitabile, e piangersi addosso nell’attesa di una improbabile “remunerazione” salva fatturati potrebbe portare a perdere la partita».